URLO – Mensile di resistenza giovanile – Settembre 2013 – La recensione del direttore Giampaolo Milzi

urlo settembre 2013PUOI CHIAMARMI LUCA

Con questo suo secondo romanzo, la scrittrice anconetana Luisa Mazzocchi spalanca “Ancona Porta d’Oriente” agli stringenti richiami – per lo più cronicamente ignorati e/o sottovalutati dalle istituzioni e dall’opinione pubblica – che continuano ad arrivare  dalle gravissime problematiche della situazione carceraria  e dell’immigrazione in Italia.

“Puoi chiamarmi Luca” edito dalla Italic Pequod, è un noir sui generis e meritevole di grande attenzione proprio per la sua originalità nel saper coniugare temi di attualità scottanti e drammatici – l’avvilente e mortificante situazione penitenziaria in cui convivono brutalmente detenuti e agenti di polizia penitenziaria, lo sporco traffico di esseri umani – con esistenzialismi sofferti e dinamici, trame narrative intriganti e movimentate, affascinanti e precise descrizioni di ambientazioni (quest’ultime rilevantissime nel romanzo d’esordio “Doric Hotel”) che vanno dal porto del capoluogo marchigiano (i cantieri navali, l’Arco di Traiano) e quello greco di Patrasso, da Loreto (la Basilica e un’immaginaria casa circondariale), a Macerata (l’Università). Il tutto con uno stile a colori, assai lontano dal bianco e nero di quello accademico, ricco di azione e analisi introspettive di personaggi, in cui vengono efficacemente alternate ricostruzioni, dialoghi, spunti emozionali.

Tutto ruota intorno alla storia di Guiomar De Marco Silva, un camionista portoghese che, accusato di favoreggiamento, finisce in galera in seguito al ritrovamento sul suo tir di tre bambini afghani e del cadavere di un giornalista greco. E alla vicenda del protagonista, il giovane agente di polizia penitenziaria Luca De Feudis, che con l’aiuto dell’affascinante avvocatessa Paola Petrolati si trasforma in agente investigativo per dimostrare l’innocenza di Guiomar. Dalle indagini della coppia, la cui amicizia alla fine si trasformerà in amore, esce un quadro ricostruttivo dell’odissea detentivo-giudiziaria di Guiomar (il quale sembrerà poi avviarsi ad essere pienamente scagionato nel processo d’appello) che ricorda davvero molto certe cronache dei quotidiani. I tre bambini afghani, come accade troppo spesso nella realtà, rappresentano la punta dell’iceberg di stranieri “fantasma” che tentano disperatamente , ricorrendo a tutti i mezzi, di emigrare in Italia lungo la rotta Patrasso-Ancona. Si scopre che il giornalista che li aveva aiutati ad espatriare è stato ucciso su ordine della mafia rumena. La stessa che gestisce – anche grazie a criminali imprigionati nel medesimo immaginario carcere di Loreto – il traffico di immigrati irregolari da Patrasso. La stessa che prenderà di mira, con un’escalation di minacce e di intimidazioni, Luca De Feudis e l’avvocatessa Paola, rei di aver coraggiosamente, rischiando la loro vita, ficcato il naso dove non dovevano per questioni umanitarie e di giustizia negate.

Che dire: la recensione è azzeccatissima, ha una visione “circolare” del mio romanzo, c’è praticamente tutto. Sono contenta e veramente grata al giornalista Giampaolo Milzi, tra l’altro grande divulgatore della storia e dell’attualità (spesso problematica direi!) di Ancona. Che possa egli sempre lavorare con il suo consueto entusiasmo per la nostra città!

Lascia un tuo commento da Facebook:

Leave A Response

* Denotes Required Field